Comincia male la coda settimanale di Facebook che, messo mano a Messenger per Windows, e sgominato alcune reti di account molesti, è stata accusata dalla stampa d’aver compiaciuto i conservatori e condannata ormai a rivendere la da poco acquisita Giphy.
Nel Maggio del 2020, Facebook comunicò di aver acquistato, per circa 400 milioni di dollari, Giphy, la popolare piattaforma di raccolta e catalogazione delle GIF animate: poco dopo, l’autorità britannica a tutela della concorrenza, la Competition and Markets Authority, avviò un’indagine in due fasi su tale azione, ravvisando il pericolo che Facebook, ora Meta, potesse impedire alle altre piattaforme social l’accesso alle animazioni di Giphy, o chiedere prezzi più alti, arrivando anche a richiedere maggiori dati personali agli utenti che se ne avvalessero.
Un altro pericolo riscontrato è che, anche in ragione del fatto che Giphy ha lanciato degli innovativi strumenti pubblicitari, Meta possa far fuori un pericoloso e potenziale concorrente nel mondo del display advertising, in particolar modo nello UK, dove già Menlo Park controlla la metà del relativo mercato. La soluzione (già anticipata dal Finantial Times) a questa situazione, dopo che a Facebook era già stata comminata una multa (50.5 milioni di sterline) per non aver fornito tutte le info necessarie richieste, ascoltate le proposte alternative, è solo una, ovvero vendere Giphy: ciò, secondo il comunicato ufficiale diffuso dall’ente, dovrà essere fatto nella sua totalità, ed a un acquirente approvato.
Un’altra grana arriva da un’inchiesta del The Washington Post, basata su documenti interni al social Facebook e su colloqui con alcuni suoi dipendenti, in merito a fatti del 2019. In quell’occasione dei ricercatori proposero di correggere gli algoritmi di moderazione, avendo notato che intervenivano più per difendere le persone bianche mentre erano più permissivi nei riguardi degli abusi commessi contro alcuni gruppi di utenti, come le minoranze etniche, determinati gruppi religiosi, o contro la comunità LGBTQ+. I vertici del social, tra cui il vicepresidente Joel Kaplan, bocciarono la proposta sia temendo che i cambiamenti avrebbero avvantaggiato troppo queste categorie, sia perché pensavano che i cambiamenti avrebbero contrariato i partner conservatori dell’azienda.
Anche per lasciarsi alle spalle queste ed altre difficoltà e rifarsi un’immagine, Meta ha annunciato, di concerto con i governi, le procure e le polizie di vari paesi, un’azione di contrasto a una rete di account, chiamata V_V, formata da 1.000/2000 account, particolarmente attiva in Francia e Italia che – coordinandosi su Telegram – ha messo in atto un’azione di squadrismo, “brigading”, non solo su Meta, ma anche in altri social, come Twitter e YouTube, commentando o postando a raffica nelle Pagine o sui profili di giornalisti, medici e politici per indurli a tacere e a ritirare i loro post, parlando di dittatura sanitaria, chiamando queste persone “sostenitori dei Nazisti” e associandoli simbolicamente alla svastica.
L’azione intrapresa da Meta su Facebook ha previsto la rimozione degli account connessi al network V_V, precisando però che non sono stati “bannati tutti i contenuti di V_V.” Sempre in tema di coronavirus, Meta ha assicurato d’aver sgominato una rete che, apparentemente fondata in Cina, trovava il suo fulcro su un finto scienziato svizzero, Wilson Edward, che accusava gli USA di far pressioni sugli scienziati dell’OMS affinché imputassero alla Cina le colpe dell’epidemia di Coronavirus.
Più sul piano concreto, Meta ha aggiornato alla release 1320.11.119.0 la beta di Messenger per Windows, riscrivendola in React Native, con la conseguenza che l’app pesa di meno quanto a MB, impiega meno risorse di sistema, si carica più velocemente, e “usa ora dei controlli nativi tipici dell’interfaccia grafica di Windows“.